8 giugno 1917- ORTIGARA - 8 giugno 2007

 

 

 

Quella sopra è la dedica che lo scrittore Mario Rigoni Stern ha apposto di sua mano sul libro " Tonle "....ma andiamo con calma...

Col prode alfiere Pastore abbiamo puntato il camper in direzione dell'altopiano di Asiago. Venerdì 7 giugno alle ore 17.30 abbiamo parcheggiato il mezzo nella piana della Marcesina in località " La Barricata ". Scesi dal camper per sgranchirci le gambe siamo stati festeggiati da un nugolo di mosche compagne inseparabili delle numerose vacche che pascolavano quasi felici sui prati dell'altipiano. 

 

 

 

 

Prima di cena abbiamo perlustrato la zona dei Castelloni di Marco di cui l'inconsapevole alfiere in un momento di esaltazione, reclamava la proprietà. Le mucche lo guardavo con occhio ovviamente bovino a loro modo perplesse.

Cena a base di minestrone di fagioli " Knorr " la zuppa tanto aborrita dal Tonno che preferisce le omonime e anonime minestre liofilizzate. L'alfiere pretendeva due razioni visto che per l'indomani l'attendeva l'impresa di raggiungere la cima dell'Ortigara.

Sul tavolo del camper una cartina Kompass residuato bellico del 1990, il libro " Ortigara " di Pieropan, il libro " La guerra nelle Dolomiti " di Schaumann ed una decina di libri di Mario Rigoni Stern di cui precisiamo, uno solo di proprietà del burba...novello conoscitore dei fatti d'arme dell'altopiano.

Dopo l'ultimo scampanellio delle ruminanti che montavano invisibili la guardia al camper, siamo piombati nel sonno fantasticando sull'impresa del domani.

Ore 7 sveglia, colazione, lunghi preparativi per riempire lo zaino e infine partenza alle ore 8.35.

La giornata come al solito da queste parti, si presenta bene ma sappiamo benissimo che nel volgere delle ore,  nuvole minacciose copriranno le cime più alte, speriamo bene sono 15 anni che punto il mio sguardo sull'Ortigara ma solo quello...

 

 

 

 

L'altopiano di Asiago è percorso da centinaia di strade quasi tutte di origine militare, quasi tutte comode e larghe, alcune pure asfaltate. Da quota 1400m in circa 1 ora ci portiamo ai 1750m di piazzale Lozze, fermandoci qualche volta ad ammirare la vegetazione che cresce rigogliosa; nel bosco è prevalente l'abete rosso mentre tra i fiori oltre ai ranuncoli, si possono osservare i poetici non ti scordar di me, la dafne dall'intenso profumo e la sassifraga che predilige le zone rocciose.

 

 

Saxifraga paniculata

 

 

Dal piazzale Lozze la strada s'inerpica lungo il crinale della Caldiera, le trincee, le caverne e le macerie restituiscono una immagine sconvolta dell'altopiano già di per sé molto desolato, per via dei numerosi inghiottitoi e doline. Rendono più piacevole l'ambiente la cospicua fioritura del camedrio alpino e del rododendro nano.

 

 

Dryas octopetala

Rhodothamnus chamaecistus

 

 

Dopo qualche centinaio di metri anche il prode alfiere biker è sceso dalla bicicletta dato il fondo molto sconnesso e le pendenze elevate.

Mantenendoci sul fianco occidentale della Caldiera, abbiamo percorso le trincee con la bike in spalla come i bersaglieri ciclisti di lontana memoria (o meglio come due pazzi) e la discesa nel Vallone dell’Agnelizza è stata piuttosto difficoltosa a causa dei pini mughi che ostacolavano il passaggio.

 

   

 

 

In questo vallone sono morti migliaia di soldati, gli alpini dovevano attraversarlo di corsa, per poi attaccare la sovrastante parete dell’Ortigara che dobbiamo immaginare ben protetta dai reticolati e con numerose postazioni di mitragliatrici che hanno consumato tonnellate di munizioni nel giro di pochi giorni.

Il cielo di allora riversava inoltre una cascata di pioggia che rendeva scivolosa la roccia; insomma un vero inferno che lascia perplesso non solo il buon Pastore.

 

 

 

 

Il primo attacco all’Ortigara s’è verificato esattamente l’8 giugno 1917 e noi ci troviamo qui esattamente 90 anni dopo neanche a farlo apposta. Siamo arrivati da laggiù dai prati della Marcesina ancora illuminati dal sole. La foto non è molto nitida ma a destra s'intravede il monumento eretto sul Lozze, occupato allora dagli italiani.

Lasciate le bike nel vallone, ci siamo inerpicati lungo la cresta Nord-orientale dell'Ortigara da cui si ammira tempo permettendo, un bel panorama sulla Valsugana e la zona di Cima d'Asta. Le montagne dell’altopiano interrompono qui il loro dolce profilo per gettarsi a capofitto con pareti a strapiombo nella Valle del Brenta.

Dopo una postazione di mitragliatrice si raggiunge quota m.2101 dove c'è il monumento dedicato ai Kaiserjager. Percorrendo il crinale, dopo un breve pendio si raggiunge la Cima dell'Ortigara a quota m.2105; una colonna in granito ricorda i caduti italiani e riporta la scritta: " Per non dimenticare ". 

 

                       

 

 

Il tempo promette pioggia e l’altopiano in questa luce è davvero desolante; lontano a Ovest è cima XII la più alta, poi più a Est la Cima XI, il Castelnuovo dove erano piazzate le seconde linee austriache. Gli italiani conquistarono per breve tempo la cima dell’Ortigara ma ne furono ricacciati poco tempo dopo; sul campo 20.000 morti in meno di quindici giorni.

  

 

 

 

Recuperata la bike siamo scesi in direzione del Lozze e dell’omonima chiesetta; qui abbiamo potuto rimontare in sella e ritornare alla Marcesina. Abbiamo percorso circa 28 chilometri senza contare i tratti dove la bike gravava sulle nostre spalle.  

 

 

 

 

Alle 17.00 dopo un buon caffè ci spostiamo con il camper in direzione di Asiago.

A Nord del paese nella frazione che si chiama Rigoni, non lontano dal piccolo aeroporto turistico abbiamo sistemato il mezzo; l’abitazione di Mario Rigoni Stern era ad un centinaio di metri da noi; per l’indomani avevamo in programma la visita ad uno dei più importanti scrittori di guerra (meglio sarebbe dire di pace), di montagna e di natura.

Il giorno dopo intorno alle 9.00 un po’ titubanti ci siamo avvicinati all’abitazione dello scrittore; è sulla strada che conduce in un’altra famosa località: M.te Zebio. Dopo il 1916 la linea del fronte percorreva la direttrice Cengio-M.Rasta-M.Zebio-M.Chiesa-Ortigara passando vicino all'abitazione dello scrittore.

Alcuni alberi nascondono allo sguardo la casa; è l’alboreto salvatico ” messo a dimora dallo scrittore stesso. C’è l’abete rosso e quello bianco, il pino silvestre e la sequoia, il faggio, il frassino, il maggiociondolo e il sorbo poco più in là. Lo scrittore vestito come dirà poi lui, da metalmeccanico, stava armeggiando con scopa e ramazza nel cortile di casa e timidamente gli abbiamo chiesto udienza precisamente per una trentina di secondi (a noi sarebbero bastati anche quelli).

 

 

" L'alboreto salvatico "

 

 

Da dove venite, chi siete, cosa fate lassù (a Bolzano), queste sono le domande che ci ha gentilmente rivolto; lo sguardo buono, barba folta e bianca come i capelli, la fronte spaziosa piena d’immagini e ricordi.

I numerosi libri che avevamo portato con noi erano la muta testimonianza che il nostro desiderio più grande oltre a quello di conoscere personalmente uno dei scrittori tra i più stimati nel panorama italiano, era quello di una sua dedica e questo, Lui lo ha capito immediatamente. Entrato nel piccolo laboratorio posto a piano terra ha cercato inutilmente gli occhiali; sull'antico tavolo da falegname c'erano innumerevoli oggetti ma non quello che cercava.

Questa è la mia quarta casa ha commentato lo scrittore, come famiglia abbiamo abitato sempre ad Asiago dove ho vissuto in due dimore diverse, questa casa l'ho costruita con le mie mani, la quarta casa era quella che sognavo quando ero in Russia (stiamo toccando con mano l’animo del poeta…incredibile, stupefacente!!!! ).

Usciamo dal laboratorio e ci fa accomodare in giardino, all’ombra dell’alboreto; sul tavolo depongo i libri. Poco più in la vi è l’orto, ieri fa lo scrittore, ha grandinato ed ho dovuto dargli una sistemata.

Il mio sguardo si pone sulla rigogliosa pianta di rafano posta a breve distanza; le piace il cren faccio io? Si moltissimo, risponde, lo grattuggio a mano perchè col macinino non è la stessa cosa. Mio nonno ribatto io, piangeva disperato quando lo preparava! Mi metto gli occhiali da tornitore quelli che indossavo quando ero alpino a Torino. Il cren mi piace fatto con l’aceto, con lo yogurt ma il migliore è con la panna acida come lo facevano in Russia, solo che qui la panna acida non si trova.

Marco che dello scrittore apprezza soprattutto la poetica della natura, chiede dove sta la fonte delle sue conoscenze, visto che ai libri non si può chiedere tutto.

Ho vissuto sempre qui a contatto con questo ambiente, con i prati e le montagne; lo stesso hanno fatto i miei avi, è nella mia cultura, nel mio modo di essere ha risposto lo scrittore.  

 

 

 

 

Poi il discorso va alla Grande Guerra; ha appena posto la firma sul libro “ Tonle ”. Sapete qual'è stata la battaglia più importante di tutto il conflitto? Quella del giugno 1918; gli austriaci avevano ammassato un milione di uomini sull’altopiano, decisi a spazzar via gli italiani. La Russia aveva capitolato e le truppe erano state richiamate sul fronte italiano. Conrad era pronto per arrivare a Vicenza; gli uomini avevano l'ordine di non distruggere i magazzini e tutto il resto; i viveri di cui la pianura padana era verosimilmente ancora piena avrebbero dovuto nutrire le loro genti, l’impero soffriva la fame, Germania ed Austria erano circondate. Caso volle che un soldato cecoslovacco disertasse e consegnasse una cospicua documentazione ai comandi italiani.

Poche ore prima dell’attacco austriaco tutte le batterie italiane, francesi ed inglesi aprirono il fuoco sulle postazioni del nemico, sulle truppe ammassate nei valloni, sulle retroguardie. Il piano di Conrad fallì e la guerra prese la direzione che tutti conosciamo.

E poi ancora un accenno alla sua sconsiderata apparizione televisiva nella trasmissione di Fazio: << da allora non ho più pace, arrivano centinaia di lettere, a ciascuna di esse rispondo a mano personalmente ma non ce la faccio più >>.

Dopo l'ultima firma, ci congediamo non prima di qualche scatto....

 

 

Mario Rigoni Stern

 

 

Sa gli dico, abbiamo l'hobby della fotografia... Hobby fa lui, l'hobby è per chi non ha niente da fare, passione è il termine giusto. Si diciamolo replico è una passione che coltiviamo da anni e non è mai venuta meno, una passione che fa memoria che permette di ricordare e siamo in perfetta sintonia con l'amato scrittore.

Non so cosa nasconda quello sguardo, quali siano i suoi pensieri; anche noi come i trecento che gli scrivono gli abbiamo forse rotto le scatole ma la celebrità è lo scotto che deve pagare l'uomo che scrive di esperienze intime memorabili e le scrive non solo per se stesso ma per l'umanità intera.  

 

 

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