A MALGA LORA

( DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE A VAIA )

 

 

Eh si, qui ancora di distruzioni si parla e in mezzo c'è come sempre l'uomo. Se nel primo caso ci si ammazzava tra simili, nel secondo la catastrofe è indiretta.

Ai cambiamenti repentini del clima abbiamo contribuito noi, civiltà semi-evoluta e la risposta è stata a livello locale ma con un'estensione pluriregionale, una tempesta che ha distrutto milioni di alberi, esattamente come fu cento anni prima, a seguito di milioni di bombe di tutti i calibri esplose lungo i confini patrii.

Non ci resta che buttarci giù dal ponte con un salto di 150 metri legati ad una corda sufficentemente lunga per battere un pochettino la testa sul fondo, come fece il prode Fantozzi. Ovviamente c'è qualche disturbato che lo fa davvero.....auguri!

 

 

 

Viadotto Valgadena

 

Il viadotto a cui abbiamo dato la giusta occhiata è un'opera di notevole ingegneria e l'abbiamo attraversato in macchina per salire fino a Malga Fratte (m.1370).

Da qui a piedi si raggiunge la conca di malga Lora circondata da montagne i cui nomi rieccheggiano nei memoriali di guerra. Monte Spil, Monte Fior, Castelgomberto, Tondarecar con lo sfondo della Marcesina, dell'Ortigara e ancora più in là di Cima d'Asta.

E gli scrittori di tali memoriali li ho giò incontrati nei miei itinerari; sono Monelli, Lussu e Gadda ma ce ne sono molti altri che hanno combattuto lassù, molti ignoti di cui rimane qualche diario. tanti di cui si è persa la memoria e che ci hanno lasciato semplicemente la pelle nei combattimenti del 1916 durante la Straafspediktion e la successiva offensiva di Caporetto del 1917 estesa anche all'altipiano.

Come dicevasi dalla strage di uomini, alla distruzione dei boschi il passo è stato relativamente breve:

 

 

 

Il bosco a quattro anni da Vaia

 

Teleferiche a destra e manca, ruspe che tagliano e sramano ma come si vede passeranno ancora degli anni per eliminare gli alberi caduti. E poi il bostrico che ne distrugge altri ancora. Per chi sale alla Marcesina, alla desolazione contribuiscono le reti metalliche alte più di tre metri necessarie per evitare frane e valanghe.

Il paradiso del fondo se n'é andato all'inferno.

Ma sull'altipiano dagli estesi orizzonti si trovano ancora immagini idilliache:

 

 

 

Malga sul Badenecche

 

Poco lontano i segni evidenti che qui ci fu battaglia:

 

Un caduto del 1917

 

Madre natura stupisce e ha sempre qualcosa da raccontare vuoi per i fiori, vuoi per i segni lasciati dalle intemperie sulle rocce carsiche:

 

Erba pignola (Sedum acre)

Roccia carsica

 

Prima di giungere a Malga Lora incrociamo dei piccoli prati con bei esemplari di margherite ma non solo:

 

Margherita (Aster bellidiastrum)

 

Stregona (Stachys recta )

 

 

Iperico (Hypericum perforatum)

 

Concordia (Dactylorhiza maculata)

 

 

Nella conca di Malga Lora (m.1668) ha inizio il percorso museale che porta alle cime già menzionate:

 

Malga Lora ( m.1668)

 

Tavola esplicativa a malga Lora

 

Le due battaglie del 1916 e del 1917

 

Una immane opera per finalità assurde

 

Il cimitero di Malga Lora

 

 

Un cimitero vuoto di soldati " romanamente " caduti

 

Come sappiamo, nell'ottica della retorica fascista, le salme dei caduti furono frettolosamente dissepolte e trasferite nei vari ossari delle prealpi, in questo caso in quello di Asiago. I morti furono mescolati e non stettero in pace neppure da morti...che qui in montagna le anime avrebbero goduto assai di più.

 

 

 

Altre immani e inutili opere

 

 

Se pensiamo all'Italia guerriera che di battaglie ne ha vinte ben poche, i lavori di cui sopra si rivelarono inutili perchè nel 17 le truppe italiche furono travolte nuovamente dall'esercito austroungarico. Come racconta Monelli, sfondarono sul Badenecche e circondarono le altre cime che esaurite le munizioni dovettero per forza arrendersi. Sembra impossibile pensare ai numeri che si leggono: 18.000 morti e 14.000 prigionieri con le truppe che erano disposte su un fronte che si estendeva al più per qualche chilometro. La domanda è lecita: ma dove stavano ammassati i 30.000 soldati italici?

 

 

 

M.te Fior sullo sfondo

 

 

Il promontorio di Castelgomberto è caratterizzato da estese bancate di rosso ammonitico; tra quelle rocce sono state scavate le trincee e qui si nascondevano alla meglio i soldati di entrambi gli schieramenti ad ogni rovesciamento del fronte.

 

 

 

Lastre di rosso ammonitico sul Castelgomberto

 

 

Ecco qui sotto, come doveva apparire il monte durante i combattimenti; ivi fu fatto prigioniero il neo promosso capitano Paolo Monelli che abbiamo incontrato a Monte Cima e troveremo ancora su Cima d'Asta e sul Cauriol. Non si capacitò di come era uscito indenne anche dalla sanguinosa battaglia dell'Ortigara che non comportò alcuna conquista ma 30.000 caduti in meno di un mese.

 

 

 

Castelgomberto nel 1917

 

 

 

Castelgomberto nel luglio 2022

 

 

In cima è posto il monumento a ricordo della battaglia e il panorama è sconfinato:

 

 

Castelgomberto (m.1764)

 

Verso Nord compaiono le cime che chiudono l'altipiano:

 

 

Monte Verena - Portule - Cima 12 - Ortigara - Caldiera

 

 

 

 

 

La Piana di Marcesina - Cima d'Asta - Lagorai

 

 

Ben visibile oltre la piana è Monte Mezza (m.1679) una montagna dalla forma a spigolo che divide la Valsugana dal Tesino. La struttura imponente del massiccio granitico di Cima d'Asta è come sempre riconoscibilissima; alla destra del massiccio la linea diritta della Val Regana che conduce alla forcella omonima occupata dagli italiani fino all'autunno 1917.

 

In centro il Coppolo con dietro il Gruppo delle Pale di San Martino, a destra le Vette Feltrine

 

Ai caduti di Castelgomberto

 

Ritornati a Sella Stringa si risale il crinale che porta alla cima di Monte Fior. I prati sono coperti di fiori di iperico e bistorta:

 

 

Bistorta (Polygonum bistorta)

 

 

 

Fiordaliso alpino (Centaurea nervosa)

 

 

 

Monte Fior (m.1824)

 

 

Qui combatterono i soldati della Brigata Sassari le cui gesta sono raccontate da Emilio Lussu nel libro " Un anno sull'Altopiano " :

 

 

Emilio Lussu da " Un anno sull'Altipiano "

 

 

Chi ha letto il libro di Lussu o quello di Monelli capisce che i comandanti o meglio i generali quelli ben distanti dal fronte non capivano assolutamente nulla e mandavano le truppe allo sbaraglio ordinando ritiri quando non era il caso di farli e attacchi quando garantivano il suicidio dei soldati.

Si badi bene che la storia dei " Comandi Avariati " si ripetè anche nella Seconda Guerra mondiale, specie dopo l'8 settembre quando l'esercito italiano senza guida e ordini precisi, si disfece come neve al sole. Sciaboletta e Badocchio salvarono la pelle in quel di Brindisi senza dare direttive precise a chi era rimasto a Roma a tentare la difesa contro il nuovo nemico in realtà quello di sempre, il todesco che in pochi giorni s'impossessò della capitale con tutte le conseguenze che ci furono di morti, torture, esecuzioni di massa, privazioni, arresti e deportazioni di ebrei e antifascisti.

 

 

 

Monte Miela (m.1782)

 

Il giro sta per concludersi e dopo Monte Spil si scende verso la sella che lo divide da Monte Miela. Sui prati pascolano giovani vitelle bianche in compagnia di cavalli che sembrano neri e premurosi guardiani.

Castelgomberto riappare sullo sfondo, oltre i cosidetti " libri " rocce stratificate caratteristiche di molte montagne delle prealpi venete come le Vette, e il M.te Grappa.

 

 

 

Castelgomberto e malga Lora dalla sella del M.te Miela

 

 

Tra quei " libri " crescono la luparia gialla e altre specie di fiori alla ricerca di quell'umidità che quest'anno (2022) ha assetato i monti e le campagne di mezza Italia.

 

 

Luparia (Aconitum ranunculifolium)

 

Cespica alpina (Erigeron alpinus)

 

 

 

In quei giorni, parlo di quelli della scrittura di questo testo, un tal Merlo giornalista durante la lettura e commento di terza pagina su Radio3, si annoiava alle domande ricorrenti sul cambiamento climatico ...Lui del cambiamento non ha certezza....

In effetti << del doman non c'è certezza e chi vuol esser lieto, lieto sia >> ....e dunque spensi la radio quando il giornalista orbo e pure sordo sparò le sue cazzate sconfinate come i panorami da Castelgomberto.

 

 

Mappa

 

 

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