CARNEVALE STORICO in VALFLORIANA

 

A qualche decina di chilometri da Molina di Fiemme superato il lago artificiale di Stramentizzo, sul lato sinistro della valle c'è il paese di Casatta; una inversione ad U ci porta in Valfloriana dove l'ultima frazione abitata è Sicina a 1209 m. di altezza.

Qui ha inzio durante il Sabato Grasso la sfilata del Carnevale ritenuto uno dei più caratteristici dell'arco alpino.

Alle ore 9.00 siamo lì puntuali, la neve è dappertutto e il freddo è intenso. Krapfen, frittelle, vin brulè e tè caldo sono fortunatamente a disposizione di tutti giusto per scaldare le dita e affilare le armi: ho meco la piccola Canon G5X e la vecchia NikonD200 con obiettivi praticamente equivalenti ad uno zoom 24-100.

 

 

 

 

Una delle tipicità dei personaggi del carnevale è sicuramente la maschera, realizzata in legno di cirmolo è allo stesso tempo bella e inquietante stante la fissitò dell'espressione che la caratterizza.

I gruppi invitati a sfilare erano tre, quello della Val di Fassa, di Pons S.Marten in Val d'Aosta e ovviamente quello locale. Non pervenuto il quarto gruppo della Val dei Mocheni per beghe carnevalesche interne.

Mi soffermerò sui due gruppi locali dove le maschere e i costumi conservano meglio quel carattere tradizionale da meritare l'appellativo di storico e quindi con valenza etnografica. Non me ne vogliano gli amici aostani ma questa tipicità implica un lavoro di ricerca migliore, cosa possibile consultando i bellissimi musei degli usi e costumi della Val d'Aosta di cui quello di Allein, interamente dedicato al carnevale.

Non bastano dunque i carateristici cappelli e frac napoleonici per rendere " storico " il carnevale serve a mio avviso anche la maschera magari in legno evitando la plastica e le frammistioni più o meno veneziane.

 

 

 

 

 

 

I Matoci della Valfloriana sono le maschere che annunciano il carnevale; alla cintura portano un grosso campanaccio:

 

 

 

Gli elementi di disturbo o per dirla in altro modo di inquinamento visivo sono l'incubo del fotografo attento alla mascherata come al contesto.

Per citarne alcuni abbiamo le moderne antenne paraboliche, i pali della luce, i cartelli stradali, le automobili, le case in cemento armato, gli infissi in alluminio, guardreil zincati nonchè la stessa moltitudine di curiosi e fotografi che giustamente seguono il carnevale ( altrimenti per chi lo farebbero ? ).

Fuori dall'abitato va un po' meglio e i personaggi inseriti nel paesaggio montano trasformano la foto in fiaba:

 

 

 

A sinistra in basso, guarda un po' ecco il maledetto filo telefonico ( Giordà e la sua cricca telefonica va massacrato insieme agli amici dell'Enel  ) che perseguita i fautori della purezza del segno; rallegriamoci con la seguente immagine colta un attimo prima che il Matocio si togliesse la maschera. Qui il famoso cavo l'ho tolto di mezzo usando Photoshop cosa non sempre facile.

 

 

 

Di contorno ai Matoci ecco altre figure dall'aspetto terrifico ma sempre molto eleganti nell'abbigliamento: sono le Facere da Burt per dirla in fassano ma la compagnia e sempre quella della Valfloriana.

 

 

 

E' sinistra anche la voce che esce alterata da quelle maschere:

 

 

 

Ma ecco gli Arlecchini che escono dall'ombra accompagnati dal suono della fisarmonica:

 

 

 

Come si vede sono i cappelli a farla da padrone ma non manca il fazzoletto per la tipica danza in circolo:

 

 

 

 

 

Il montanaro osserva basito il cerimoniale .....o forse il fotografo ingannando l'osservatore:

 

 

 

Mancano a quanto pare altre maschere importanti come quella degli sposi e quella dell'homo selvadego....diamo la colpa alla crisi del matrimonio o quella ambientale!!

L'altro gruppo carnevalesco altrettanto caratteristico è quello della Val di Fassa o meglio di Canazei o Campitello o forse Penia o Alba piuttosto che Moena dato che il campanile viget:

 

 

 

Il gruppo propone tre maschere:i Bufon nasoni, i Marascon coi campanacci e i Lachè con i lunghi bastoni. Storicamente ciascuna figura portava una maschera e mentre i Bufon non la toglievano mai garantendosi l'anonimato, gli altri personaggi la mettevano e sfilavano di continuo, evidenziando una sorta di " omologia " tra la maschera e l'attore che l'indossava. Le tre maschere guida erano indossate dai giovani coscritti non appartenenti di fatto alla società degli adulti.

 

 

 

La compagine deve essere formata da giovani pieni di energia stante il ritmo imposto alle danze dal suono dei pesanti campanacci.

I Marascon dalle braghe di cuoio ben foderate si tengono a coppia per mano e danzano all'unisono battuti più o meno energicamente sul posteriore dalle " stiche " di legno dei Bufon pazzi, dispettosi e irriverenti.

La maschera di questi è caratterizzata da un naso enorme dove sono appesi in punta fiaschetti di vino oppure corni rossi contro il malocchio; in passato sulla stessa maschera erano dipinti animali come salamandre e rane simboleggianti una sorta di natura di mezzo tra acqua e terra e quindi non ben definita.

Oltre alla " stica " il Bufon ha con sè l'impertinente " cucaloch " con cui cercare tra la folla il bersaglio delle sue tirate spesso qualche rappresentante del gentil sesso che aveva fatto discutere di sè l'intero paese per il comportamento un po' licenzioso.

 

 

 

La sinfonia dei colori è davvero unica:

 

 

 

I Lacchè più compassati sono i " servitori " o " maggiordomi " dei salotti barocchi e svolgono il ruolo di ambasciatori del carnevale.

I vestiti per loro come per gli altri personaggi sono una combinazione del costume festivo maschile e femminile a indicare una maturazione sessuale non ancora codificata.

Lo specchio sul cappello potrebbe essere quello per le allodole ossia per le fanciulle che in questo carnevale mascolino stanno solo ai lati della strada ad osservare innamorate i bei giovanotti dalle maschere aggraziate; la tradizione associa in realtà allo specchio un significato simbolico - religioso, esso serve ad accecare e allontanare gli spiriti maligni in un periodo dell'anno che prelude al passaggio dall'inverno alla primavera.

La " facera "  è ovviamente quella di un giovane privo dei tratti sessuali come barba e baffi, l'incarnato roseo rende tale maschera alquanto delicata ed efebica.

 

 

 

 

 

Una deviazione nel bosco verso la frazione di Dorà permette di cogliere ancora qualche immagine provvidenziale:

 

 

 

Come da copione il Bufon si presta per la foto:

 

 

" LERGA, LERGA CHE SON PIEN DE MERDA / E SE ENCE CHE SON BURT / VOI PA LERGA DAPERTUT "

 

Chiudo con un piccolo omaggio agli amici Valdostani; alla sera avrebbero fatto le valige e l'indomani avrebbero animato una carnevalata valdostana davvero stupefacente.

Il ricorso come è noto a sostanze proibite per rimanere ben svegli e attivi sarebbe stato d'obbligo dopo la lunga scarpinata in Valfloriana!

 

 

Adieau mon ami!!!!

 

Vedi anche dello scrivente: Faceres e non

 

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