TUTTO il ROSA della VITA: VERONA-ALPE di PAMPEAGO km195

 

 

 

 

Sabato 18 maggio 2008 il giro d’Italia è approdato in Trentino.

Punto di arrivo della tappa: l'Alpe di Pampeago 1800m di quota ai piedi del Latemar.

Il tempo in quel fine settimana non era dei migliori, ma decisi comunque di recarmi in situ per vedere da vicino la manifestazione sportiva più importante di primavera: il 91° Giro d’Italia.

Per evitare traffico ed ingorghi ho scelto di portarmi con l’automobile fino ad Obereggen e di qui attraverso il Passo si Pampeago scendere all’omonima località; il tutto con la bike. Il problema non è stata la salita breve e praticabile ma lo zaino che a causa del mal tempo doveva contenere giacche a vento, ricambi e viveri. Dunque uno zaino piuttosto pesante per un biker.

Il Passo di cui sopra, parlava spagnolo la lingua di Contador che come sappiamo è stato il vincitore di questo Giro d’Italia davvero entusiasmante. Gli spagnoli in questione incontrati lassù erano ospitati a Canazei il che significava che erano saliti al P.so Costalunga e dal lago di Carezza avevano raggiunto Obereggen per poi percorrere il mio stesso sentiero. Diciamo che erano un po’ più allenati del sottoscritto e stendiamo pure un velo sull’età degli stessi.

 

 

 

 

A mezzogiorno sul passo c’era un po’ di sole, molto poco a dir la verità. Ho mangiato un panino, bevuto e fotografato gli spagnoli, le genziane e i crocus e pure i gracchi, immagini che vi risparmio visto che l’obiettivo era la manifestazione ciclistica.

Sceso a Pampeago intorno alle 1.30 ho parcheggiato la bike e percorso in discesa un paio di km per osservare da vicino tifosi e ciclisti che risalivano numerosi la valle.

 

 

 

 

 

 

 

 

I camper erano parcheggiati numerosi ai lati della strada, alcuni camperisti come ho scoperto più tardi seguono il loro idolo dall’inizio del giro ossia dalla Sicilia. Un buon profumo di braciole si mescolava con l’odore di frizione bruciata per un’ottimo cocktail ad uso e consumo dei corridori non professionisti emuli di Simoni come di Bruseghin.

 

 

 

 

Tra i ciclisti il tipo strano con bici sandwich; il suo idolo è Riccò l’incarnazione di Pantani a sentir lui. E poi il tedesco tifoso della Quick Step e di Bettini.

 

 

 

 

Bettini il campione del mondo che quando indossa la maglia iridata, non riesce mai a vincere una tappa; sono le sue parole. Bettini buon toscano è molto simpatico, sincero e ironico, un vero combattente.

 

 

 

 

Tra chi sale trafelato l’ultimo km della strada che conduce a Pampeago c’è quello da un quintale a cui consiglieresti di scendere per non lasciar la vedova sola e sconsolata e c’è quello più magro che scende dalla bicicletta senza consiglio visto che proprio non ce la fa più.

 

 

 

 

Giovani, bambini anziani sono tutti lì e ti domandi il perché di quell’improba fatica. E’ una domanda a cui è difficile dare risposta. Perché gli spettatori nel ragguardevole numero di qualche milione stanno incollati alla televisione a seguire le tre settimane di ciclismo?

 

 

 

Personalmente trovo nel ciclista, come in chi pratica lo sci da fondo o l’atletica il simbolo, l’emblema del sacrificio forse l’archetipo dell’uomo stesso in lotta per l’esistenza. E mi commuove l’idea che questi atleti spendano buona parte della loro giovinezza a percorrere 150-200km ogni giorno per allenarsi e prepararsi al Giro d'Italia, ad un tour che in tre settimane farà percorrere loro 3000km di pianure, discese a capofitto da 100km/h e salite a perdifiato con pendenze superiori al 20%.

 

 

 

 

Questo ciclismo è l’emblema dell’eroismo e questo eroismo, questa fatica,  vengono rese al meglio dalla televisione, dal giro in diretta, dai cronisti che si spostano ogni giorno da una regione all’altra, e da tutti i collaboratori che smontano e rimontano box, palchi e transenne, impianti di trasmissione e quanto altro. Ovviamente nell'era del businnes c'è l'altro lato della medaglia, ci sono gli sponsor, ci sono i soldi c'è il doping.

 

 

 

 

Il ciclismo è per antonomasia uno sport televisivo, è tramite il tubo catodico che lo spettatore viene reso partecipe dello sforzo del ciclista, della sua fatica, del suo scatto e della sua prestazione.

La televisione  registra però anche l’entusiasmo della folla che assiepata lungo la strada incita i corridori, li sostiene nello sforzo e a volte esagera con qualche spinta o manata di troppo.

All’arrivo specie se la tappa si conclude con una bella salita si ha l’opportunità di intravedere gli atleti dico proprio intravedere, impossibile fotografare puntando la macchina, visto che le transenne sono assiepate da una folla incredibile che aspetta da qualche ora di veder spuntare il vincitore. All’arrivo si vede per l’appunto non il ciclista ma lo spettacolo della folla, si registra nell’aria il suo entusiasmo, la sua partecipazione e commozione.

 

 

 

 

Comunque come in ogni tappa il vincitore c’è e in quella di Pampeago lo è stato la rivelazione di questo giro: il Salvaneo come sottolineava spesso Auro Burbarelli, il vicentino Emanuele Sella che vincerà ancora due tappe quella della Marmolada e quella del Mortirolo.

La macchina digitale lo inquadra da lontano, troppo lontano per vederne l’espressione disfatta e gioiosa ad un tempo.

Alla televisione si vede il bacio dell’anello, si vede il volto e il segno della vittoria, si vede tutto, la regia non lascia nulla al caso si entra nel personaggio, nelle sue sensazioni nella sua incredibile gioia per il successo.

Questo è il Giro!

 

 

 

 

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