A PUNTA SCORNO

 

 

Mappa dei luoghi

 

Uno dei luoghi più selvaggi dell'Asinara è senza dubbio Punta Scorno che si trova nella parte settentrionale dell'isola. Qualche giovane biker affronta questo percorso in bicicletta ma il fondo è particolarmente sconnesso per cui il rischio di bucare le gomme è alto. E poi lo scrivente non è solo biker ma anche escursionista piedologo e dunque eccolo qui con zaino e scarponcini leggeri che si riveleranno non proprio ideali per le ore di cammino impiegate.

Il sentiero inizia poco dopo la famosa casa rossa che ospitò i giudici Falcone e Borsellino.

 

 

 

Cala Oliva: ore 9.00

 

Al centro della foto abbiamo un cactus: dovrebbe trattarsi dell'Opuntia aurantiaca conosciuto come anche come fico d'India articolato che con l'India non ha nulla da spartire essendo originario del Sud America. Siamo a maggio più o meno all'apice del periodo della fioritura:

 

 

 

Fioritura di Echium e Euforbia

 

L'Echium dal colore violetto la fa da padrone e si accompagna con l'euforbia ma non manca il giallo della Geblionis, una bella asteracea:

 

 

Geblionis

 

 

 

Altre specie hanno disegni favolosi come quel fiore probabilmente sfiorito che pare una stella del firmamento natalizio. La costa è un susseguirsi di insenature e il mare è quello verde smeraldo di un'isola abbastanza lontana dai centri abitati della Sardegna. Prevalentemente rocciosa non mancano comunque tratti sabbiosi dove però è vietata la balneazione trattandosi di riserva integrale.

 

 

 

La costa di Nord - Est

 

 

 

Le rocce sono granitiche, roccia dura ma il vento, gli agenti atmosferici e la vegetazione sono tenaci e non demordono e le scolpiscono e demoliscono perché così è scritto nelle tavole di geologia dalla notte dei tempi.

 

 

Formazioni granitiche

 

Un'altra altura e poi ecco che appare sullo sfondo il faro di Punta Scorno. Sembra vicino ma non è così viste le tre insenature che dobbiamo superare.

 

 

 

Il faro di Punta Scorno

 

Dall'alto si osserva la meravigliosa bellezza di Cala d'Arena dove due mari dai colori diversi s'incontrano. La vegetazione vicino alla spiaggia è diversa e più rigogliosa con ginepro, mirto e erica.

 

Cala Arena

 

E non mancano le belle fioriture:

 

Echium

Erodium

 

Osservando con attenzione, sull'arenile zampettano dei fortunati abitanti che ignorano totalmente la legislatura:

 

Volpoche

Cinghiali

 

Ma torniamo alle immagini del faro che pare davvero fuori dal mondo così in alto a picco su una cuspide di roccia e il cui stato di avanzata decomposizione non consiglia di avvicinarsi più di tanto.

Il paragone con i fari nordici così belli e tinteggiati di fresco è improbo perché dati i quasi 8000 km di lunghezza delle coste italiane, il loro numero è davvero elevato e conservali è un'impresa ardua, anche se tutti meriterebbero la dovuta attenzione.

 

 

 

 

 

 

Il faro nel 1915

 

La struttura originaria era quella visibile in questa foto, ossia un edificio quadrato a tre piani con tre serie di finestreda ogni lato.

Il lato sud è stato demolito sicuramente dopo il 1932, forse per qualche problema di stabilità strutturale.

 

 

Oggi e ieri (1932)

 

 

C'è un altro edificio visibile in basso utilizzato probabilmente come deposito perché lì nell'insenatura c'era il Moletto dove attraccavano delle piccole imbarcazioni che univano precariamente questa parte di mondo col resto dell'isola.

 

 

L'escursione prosegue e si sale fino ai ruderi del così detto semaforo ossia una caserma della marina militare che ospitava una stazione telegrafica:

 

Il semaforo (m.116)

 

 

Marinai al semaforo con l'apparecchiatura telegrafica d'epoca

 

 

Asfodelo

Malva

 

Ancora più in alto s'incontra un rudere; siamo alle Case Sarde dove la Batmalta detta l'elettrica  ha dimenticato sull'erba un coltello antico e prezioso poi fortunosamente recuperato grazie ad una coppia di escursionisti piemontesi che il giorno dopo transitavano muniti di teleobiettivo per gli stessi luoghi.

Ivi il cisto cresce rigoglioso grazie alla salsedine e all'arsura. E' una pianta legnosa con un sacco di difetti: è xerofila, eliofila e pure acidofila; inoltre grazie ai semi che resistono alle alte temperature ricolonizza le aree incendiate dai dementi della subspecie sapiens.

 

Cistus monspeliensis

Case Sarde (m.138)

 

Il sentiero si fa ora più ripido perché bisogna salire fino a Elighe Mannu (m.275) che fu anch'essa una diramazione carceraria, diciamo montana.

 

Elighe Mannu (Elce grande) e panorama del versante Nord di Punta Scorno

 

Nella zona sono stati messi a dimora numerosi alberi, protetti da capre e cinghiali mediante lunghe recinzioni. Diciamo che qui il lavoro dei forestali-caramba-carambita  è visibile e apprezzabile diversamente dalle strutture ricettive del parco nascoste ai visitatori perplessi.

Obiettivo è ora la Punta della Scomunica a quota m. 408 dove fa spesso la sua comparsa il folletto Pedretti di Geo.

Prima di arrivarvi c'è ancora una volta un bellissimo prato fiorito ovviamente a Echium che a questo punto è diventata una specie infestante ( in realtà è presente in tutta Italia ).

 

 

 

Echium volgare ( Erba viperina comune )

 

Ed eccoci finalmente sulla vetta che permette di abbracciare con lo sguardo la parte Sud dell'isola; peccato per quella velatura che sfuma i colori e i contorni:

 

 

 

Panorama da Punta Scomunica

 

In primo piano c'è Campo Perdù, la più estesa delle colonie penali e s'intravede il puntino bianco dell'ossario sulla sinistra nella foto. Sono le ore 16.25 e cominciamo ad avere le visioni mistiche accompagnate da miraggi marini e montani. Scendiamo dunque fino alle Case Bianche altra stazione penale sotto lo sguardo vigile delle capre bicornute:

 

 

 

 

Su alcuni degli edifici abbandonati i caprini si esercitano salendo sui tetti:

 

Case Bianche (m.276)

 

Il faro ancora si scorge all'orizzonte:

 

 

E poi finalmente ecco il basso profilo di Cala Oliva con le ex carceri:

 

Ore 18.15: Cala Oliva lontana come un miraggio

 

Al tavolo della Locanda del Pescatore sorseggeremo una meritata birra solo mezz'ora dopo, nelle luci fantasmagoriche del tramonto.

Siamo in cammino discontinuo dalle ore 9.00 del mattino.....lasciamo i conti relativi alla durata della gita ai matematici e agli increduli.

 

 

APPENDICE: CALCOLO DELLA PORTATA GEOGRAFICA DI UN FARO

 

E' la distanza massima da cui è possibile individuare un faro. Se fino a 10 miglia la curvatura terrestre può essere trascurata, oltre questa distanza l'effetto non è più trascurabile. Dunque entra in gioco principalmente l'altezza H dell'ottica del faro. Quella dell'osservatore h è assunta pari a 5 m.

Esiste una formula che si può applicare per ricavare la portata geografica:

 

 

 

 

Il coefficente 2,04 si discosta da quello calcolabile analizzando la figura e la tabella che segue. Il valore maggiore tiene conto della rifrazione atmosferica che contribuisce ad aumentare la portata.

 

 

 

NOTA 1 : la somma dei lati a e b coincide con la secante riportata in figura; questo perché il raggio terrestre è molto più grande delle altezze coinvolte nei calcoli.

NOTA 2 : oltre alla portata geografica esiste la cosidetta portata nominale o luminosa legata, sia all'intensità della sorgente luminosa che alla visibilità meteorologica che caratterizza una determinata zona. Questo é il parametro normalmente indicato nelle tabelle edite dalla marina militare. La portata geografica è indicata solo se inferiore alla precedente.

 

 

Parametri di alcuni fari sardi

 

Riguardo al faro di Punta dello Scorno si legge che la portata luminosa è di 16 miglia dunque inferiore a quanto calcolato di circa 5 miglia. Questo può essere dovuto sia alla potenza della sorgente luminosa che alle condizioni atmosferiche medie di quella zona. ( Nella didascalia che accompagna una delle foto in BN si legge 28 miglia che in realtà potrebbero essere chilometri che qui qualcuno ha dato i numeri del lotto).

" Il Libro dei Fari italiani " di Camillo Manfredini e Walter Pescara Editore Mursia, riporta numerose pagine con la tabella di cui sopra; la sequenza termina con il Faro della Vittoria di Trieste il cui numero progressivo nazionale è pari a 4376.

 

 

 

Dunque nel nostro paese esistono più di 4000 fari ossia uno ogni 2km di costa.....................tantissimi.....impossibile prendersene cura o meglio dovrebbero essere i comuni a occuparsene ma come sappiamo le risorse sono pari a zero. E' noto poi che con le nuove tecnologie sono in parte obsoleti. Sono oggetti comunque affascinanti tanto che ho stampato due piccoli libri a loro dedicati con le immagini raccolte in quasi mezzo secolo di onesta professione di fotografo dilettante.

 

 

 

 

Il faro è una sorta di luogo privilegiato, è il luogo della salvezza, ha in sé qualcosa del sacer, dell'acropoli, dell'alto luogo caro alla divinità.

 

 

 

Maarten van Heemskerck: l' isola di Pharos ad Alessandria d'Egitto

( Incisione del 1567 di Philippe Galle )

 

 

 

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